1 meter CLOSER è la nostra videocreazione coreografica in quarantena, nata sia per festeggiare la Giornata Internazionale della Danza (29 aprile, in onda su Rai5) in un modo speciale sia per raccontare con il nostro linguaggio il periodo di isolamento e di emergenza sanitaria da COVID-19.

1 meter CLOSER

Videocreazione coreografica in quarantena

Prima (video)rappresentazione: 29 aprile 2020 – International Dance Day – RAI 5

Coreografia: danzatori in collaborazione con Diego Tortelli
Riprese: danzatori in collaborazione con Valeria Civardi
Regia: Valeria Civardi e Diego Tortelli
Musica / composizione originale: Federico Bigonzetti
Voce e testi: Emily Denton
Sax e arrangiamento: Gabriele Virgilio Pribetti
Montaggio: Valeria Civardi

Danzatori: Saul Daniele Ardillo, Damiano Artale, Estelle Bovay, Hektor Budlla, Martina Forioso, Clément Haenen, Arianna Kob, Philippe Kratz, Ina Lesnakowski, Grace Lyell, Ivana Mastroviti, Giulio Pighini, Roberto Tedesco, Hélias Tur – Dorvault, Serena Vinzio

Ideazione: Gigi Cristoforetti
Coordinamento artistico: Sveva Berti
E tutto lo staff della Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto

Produzione: Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
Con il contributo di Collezione Maramotti, Reggio Emilia

Coreografo, regista, compositore e danzatori hanno creato la performance tra il 24 marzo e il 27 aprile 2020, ciascuno in isolamento nella propria casa di Milano, Torino, Londra, Reggio Emilia e Lerici.

“1 meter CLOSER” è una creazione coreografica per video dettata dalla contemporaneità che stiamo vivendo oggi. È un momento globale difficile che ci obbliga ad affrontare una nuova forma di emotività e creatività. Su questo si basa il concept di “1 meter CLOSER”.

Il titolo chiaramente si riferisce alla distanza di sicurezza che dobbiamo mantenere da chi come noi è un essere umano, o meglio un cittadino del mondo. Questa distanza di sicurezza è ciò che ci garantisce una vicinanza in un obiettivo comune. Parliamo quindi di una nuova esperienza emotiva che crea una connessione dettata da una distanza fisica/geografica, ma una vicinanza forte nel nostro desiderio di sentirci uniti nel superare e combattere un nemico invisibile.

Niente meglio del corpo dei danzatori, rinchiusi nelle loro case può raccontarci, cosa stiamo vivendo e come questa distanza possa trasformarsi in un ponte che ci unisce, dove il luogo privato si trasforma in orizzonte comune, cambiandone il suo valore, e dove ogni differenza si unisce nella condivisione di un momento di abbraccio virtuale. Un abbraccio di una relazione a distanza, ma con una forza globale. La forza del corpo della danza in cattività che si racconta al suo pubblico tramite lo schermo in un susseguirsi di immagini in movimento.

Diego Tortelli
coreografo/regista

Parlando del processo creativo di 1 meter CLOSER è sicuramente un processo dettato dal periodo storico che stiamo vivendo.
Possiamo vederlo come una ricetta che esplode di creatività da parte dei danzatori, ma anche da alcuni limiti dovuti dalla distanza e dalla tecnicità.

Tutte le decisioni sono veloci e istantanee per il performer, ma studiate a fondo dai registi e dal compositore.

In un qualche modo si sono invertiti i tempi di realizzazione. Normalmente il coreografo ha molto tempo in studio per tornare sui suoi passi, modificare, fare cambiamenti, ma spesso c’è poco tempo per la regia generale del lavoro, la luce, il suono. In teatro questi elementi sono affrettati e dettati da tempi di montaggio tecnico sempre stretti, mentre grazie al video le dinamiche, la luce, i colori, il ritmo della musica, possono essere in continua evoluzione e cambiamento.

Il lavoro di regia e anche quello musicale è andato crescendo proprio durante le riprese con i danzatori, le quali invece sono state velocissime. Un paio di giorni a testa per ogni performer. L’ordine delle riprese era definito dalla distanza geografica delle case dei danzatori che si dovevano incontrare al Supermercato per scambiarsi la telecamera. I danzatori quindi non solo i performer del pezzo, ma anche i camera-man sotto la direzione di Valeria Civardi.

Tutto questo è stato possibile dal fatto che ho collaborato con Aterballetto in questi ultimi 2 anni su diversi e estremamente variati progetti.
Tra me e i danzatori c’è un forte “understanding” di come utilizzare il corpo e delle qualità che stavamo cercando.

Abbiamo lavorato soprattutto sull’astrazione del corpo. Io, come coreografo, credo che la complessità del materiale coreografico venga prodotta da una astrazione emotiva in un primo momento, il corpo si racconta nella sua potenzialità di espansione e restrizione. Questi due concetti sono sufficienti per produrre coreografia che abbia una potenza di messaggio e di complessità. L’emozione è qualcosa che avviene nel momento in cui tutti gli elementi che compongono un lavoro si incontrano: spazio, luce, design, suono. Solo in quel momento finale capiamo che il corpo allora si trasforma in un messaggio forte che vogliamo trasmettere in comune accordo, non è più l’emozione individuale del performer, ma è una emozione collettiva e quindi ha la forza del gruppo.

Con i danzatori abbiamo lavorato su 2 estremi: la delicatezza di una carezza e la violenza di un pugno. Penso che sia il riassunto di tutte le emozioni che stiamo vivendo in questo momento. Con ognuno di loro ho utilizzato un metodo diverso per inspirarli: alcuni funzionano molto bene tramite l’immagine, altri tramite testo scritto e altri ancora invece hanno il bisogno di essere guidati tramite un contatto più diretto che in questo caso poteva essere solo la video-conferenza.

Una fortuna sicuramente è il conoscersi, il capire di cosa si sta parlando e il fatto che la Compagnia Aterballetto è composta da 16 meravigliosi danzatori capitanati da Sveva Berti, la quale li rende forti tecnicamente, ma anche aperti mentalmente a una nuova forma di creatività. La direzione di Gigi Cristoforetti è dettata dall’apertura a nuove esperienze e nuovi format e quindi arrivati a questo momento gli ingredienti per produrre un cortometraggio per la danza erano tutti pronti. Il mio compito è stato solo saperli mischiare e dargli la mia visione emotiva ed estetica.

A differenza del lavoro in sala questa volta i danzatori non erano in grado di sapere cosa i colleghi stessero facendo, e nemmeno rendersi conto in quale posizione del pezzo fosse la loro “entrata”, questo invece di essere un limite mi ha permesso di conoscere meglio singolarmente ognuno di loro e avere un vero e proprio confronto “1 to 1”. Solo io, Valeria Civardi (co-regista) e Federico Bigonzetti (compositore) avevamo davanti agli occhi l’idea generale del lavoro e il puzzle completo di quello che desideravamo fosse poi il risultato.
Abbiamo quindi creato micro-particelle coreografiche che ci siamo poi divertiti componendo nell’editing del video, mentre allo stesso tempo Federico Bigonzetti lavorava sui mood.

Il lavoro infatti è suddiviso in 3 capitoli. Ci piace chiamarle “fasi”. Esattamente come le 3 fasi di cui tanto si sente parlare nel modello italiano di superamento di questo periodo.
Per noi queste tre fasi sono: “isolamento e restrizione”, “sguardo verso l’esterno” e infine “speranza e visione a un futuro diverso”.

Il rapporto con la telecamera vuole ricreare un rapporto con il pubblico rispetto alle 3 fasi sopra indicate: in un primo momento estraniante e di isolamento, poi il performer inizia a dirigere lo sguardo verso l’osservatore e infine ci osserviamo a vicenda.

È sicuramente stato un processo creativo in continuo sviluppo e tuttora che mancano pochi giorni alla “Prima Rai” continua ad evolversi e ad avere cambiamenti.
Ho avuto a fianco un team creativo meraviglioso che mi ha permesso di intraprendere questo nuovo viaggio in piena armonia e professionalità, apportando costantemente nuovi input e nuove idee per rendere i nostri 3 mood estremamente connessi alla forza dei performer dell’Aterballetto.

Essere presenti è importante in questo momento, perché l’arte è sempre stata in grado di modificarsi sulla base dei tempi che cambiano. Questa video creazione è un urlo di presenza in attesa di tornare nei nostri amati teatri con un pubblico ancora più forte e un messaggio di condivisone altrettanto contemporaneo. Per ora questo è il nostro “abbraccio virtuale” al mondo. 

Diego Tortelli
coreografo/regista